Nicola Abbagnano

La fisica nuova. Fondamenti di una nuova teoria della scienza

Guida, Napoli, 1934, pp. X-125

Il principio trascendentale

Soggetto fisico

Un altro aspetto fenomenologico della conoscenza scientifica, quale appare nella nuova fisica, può essere ora esplicato: la natura di quel soggetto alle cui operazioni di misura e di controllo si riporta l'intero significato di qualunque entità fisica. La teoria della relatività è nata appunto dalla riconosciuta impossibilità di parlare di un qualsiasi oggetto, se si prescinda da un soggetto munito di mezzi appropriati per controllarlo e misurarlo; e la teoria quantica, col principio di indeterminazione, rappresenta un passo ancora più in avanti sulla stessa via, in quanto riconosce l'azione perturbatrice del soggetto sull'oggetto nell'atto stesso dell'osservazione.
Ora, qual è l'essenza di quel soggetto la cui considerazione è necessaria alla conoscenza scientifica? Bisogna ancora una volta riportarci, per rispondere a questa domanda, a quel criterio che abbiamo stabilito in principio (§ 1 dell'Introduzione) come guida della nostra ricerca; e cioè che ogni soggetto (od oggetto) vale come ta1e unicamente in rapporto alla costituzione sistematica della determinazione fenomenologica di cui forma uno dei poli. E' evidente, in virtù di tale criterio, che il soggetto fisico è momento integrante di ogni sistema fisico; e, nella unità totale di tale sistema, è esso stesso un sistema: il sistema dei mezzi di osservazione di misura e di controllo che valgono a determinare un certo stato obiettivo. E' evidente altresì che in nessun modo il soggetto fisico può essere confuso col soggetto psicologico; e cioè con l'io che è il polo subbiettivo dell'organizzazione del soggetto empirico come tale; e quindi neppure col soggetto empirico.
Questo è il soggetto di ciò che abbiamo chiamato esperienza comune o modo del senso comune (§ 4); è uno dei poli di quella organizzazione provvisoria e imperfetta e perciò dotata di inferiore validità, che costituisce la trama della vita di ogni giorno. Ma per quella possibilità, che è inerente al principio trascendentale il quale anche in quella organizzazione (sia pure imperfettamente) si manifesta, e per la quale ogni sistema può risolversi e ricomporsi in altri sistemi, il soggetto empirico (o, per intenderci, l'uomo) può a sua volta costituirsi in una organizzazione conoscitiva la cui polarità obbiettiva è costituita dal contenuto della coscienza (rappresentazioni, sentimenti, etc.), e la cui polarità subbiettiva è invece costituita dall'anima o io (spiritualità, attività, etc.).
E' pertanto chiaro, in base a questa semplice esplicitazione del significato fenomenologico del soggetto empirico e dell'io, che né l'uno né l'altro hanno a che fare col soggetto fisico; e che perciò né la teoria della relatività né quella quantica implicano o possono implicare alcuna forma di relativismo o di soggettivismo: che significherebbero condizionalità dell'oggetto fisico da parte di un soggetto empirico o psicologico, ed implicherebbero quindi una grave confusione ed una deroga inammissibile dal criterio su esposto.
Tuttavia, poiché la scienza vale come organizzazione sistematica dell'esperienza comune (§ 4), il soggetto fisico è legato al soggetto empirico da quella stessa continuità che lega la conoscenza scientifica a quella comune. Tale continuità è maggiore di quella intercedente tra due altre qualsiasi determinazioni fenomenologiche perché la scienza è il costituirsi a sistema della tota1ità del mondo di esperienza comune, e non già di questo o quello elemento di esso. Nell'atto della sua costituzione a soggetto fisico il soggetto empirico si spoglia della incoerente molteplicità di determinazioni accidentali, che esso riveste come soggetto della conoscenza comune per assumere l'organizzazione rigorosa di un sistema ordinato di metodi di osservazione di indagine e di controllo.
Questa trasformazione o costituzione attua un piano il cui ordine è determinato da un principio di unità; tale principio è la giustificazione di quel piano, e perciò la radice logica della essenza del soggetto fisico, in quanto polo funzionale del sistema della conoscenza scientifica.

Il rapporto di indeterminazione

La stretta connessione del soggetto fisico con l'oggetto nella organizzazione sistematica nella, quale entrambi si costituiscono costituendola, determina la relazione di indeterminazione. L'unità di soggetto o oggetto è, in quella organizzazione, l'unità di una interazione dinamica; i due poli di essa nell'atto di separarsi si determinano correlativamente, il soggetto come soggetto di quell'oggetto, l'oggetto come oggetto di quel soggetto. Allora, l'atto con cui il soggetto, mediante una nuova osservazione, si determina come un certo soggetto, è ipso facto una determinazione nuova dell'oggetto come correlativo a questo soggetto. Tale determinazione nuova è, certamente, indeterminata rispetto alla determinazione dell'oggetto nel precedente stato del sistema; giacché è frutto di un nuovo atto costitutivo, che di fronte a un soggetto operante in un certo modo, ha fatto sorgere un oggetto correlativamente organizzato.
Il principio di indeterminazione è il risultato necessario della connessione dinamica tra soggetto e oggetto. Se questi due termini in cui si separa, interiormente, ogni atto di conoscenza, potessero comportarsi come due entità rigide, definite una volta per tutte, quel principio sarebbe inconcepibile. Ma soggetto e oggetto devono apparire invece come i due poli intorno ai quali. si organizza la conoscenza; e l'atto in cui questa organizzazione si concreta e si attua è l'osservazione. Se oggetto e soggetto fossero, nella realtà che loro compete, anteriori e indipendenti all'atto conoscitivo, il principio di indeterminazione sarebbe assurdo: impossibile difatti sarebbe che l'atto della conoscenza portasse una modificazione qualunque alla loro già, per ipotesi, costituita realtà. Ma appunto perché l'atto del conoscere è l'atto del loro costituirsi, ogni nuovo atto è un loro ricostituirsi secondo un piano nel quale entrambi vengono a trovarsi modificati. Se fosse possibile eliminare questa loro organizzazione correlativa, estendere gradualmente il dominio dell'oggetto fino a includere in esso quello del soggetto, cioè comprendere nel sistema osservato anche il sistema osservante, e infine tutto l'universo, l'indeterminazione sparirebbe; ma, come nota Heisemberg, sparirebbe anche la fisica e non rimarrebbe che uno schema matematico. La divisione dell'universo in sistema di osservazione e sistema osservato si oppone a che la legge della causalità sia formulata rigorosamente. Una fisica, dunque, è possibile, in quanto c'è l'osservazione; e l'osservazione implica sempre la separazione e, nel contempo, la correlazione funzionale tra soggetto e oggetto nel piano di un sistema totale.
Bisogna ripetere a proposito della relazione tra soggetto e oggetto ciò che gli scolastici dicevano dei rapporti tra le persone divine. La relazione, essi dicevano, presuppone la distinzione dei termini quando sopravviene a questi in via accidentale; ma, quando è di per sé sussistente (come accade in Dio), non presuppone ma porta seco la distinzione. Del pari, del rapporto tra soggetto e oggetto si dirà che esso è di per sé sussistente perché sussiste nel pensiero e per il pensiero: il quale, mentre separa quei due poli costituendoli nello spazio-tempo, stabilisce tra di essi l'unità funzionale che garantisce la loro organizzazione correlativa.

Determinismo e probabilità

Il risultato immediato del riconoscimento del principio di indeterminazione è la fine del determinismo nella scienza. Il determinismo era difatti fondato sulla possibilità di previsione sicura degli eventi futuri; e questa possibilità era a sua volta fondata sul fatto che l'evento futuro veniva considerato come una realtà fisica indipendente da ogni atto di osservazione. La fisica classica considerava lo sviluppo nel tempo di un termine fisico come una pura funzione del tempo: sicchè data la condizione dello stesso termine a ciascun istante del tempo futuro. La fisica classica si proponeva quindi di prevedere non il resultato di una certa osservazione, ma lo stato dell'oggetto: considerate quale cosa in sé, determinata anticipatamente rispetto ad ogni osservazione possibile. Da questo punto di vista il determinismo era inevitabile: l'oggetto aveva per così dire una sua propria storia; nel corso della quale ciascuno stato determinava i susseguenti, com'era determinato dagli antecedenti. Una volta in possesso della legge regolatrice della successione degli stati, la scienza era in grado di fare le più sicure previsioni.
Nella fisica quantica le cose sono profondamente mutate. L'oggetto di una particolare osservazione, il resultato di un esperimento, lo stato che esso arriva a definire non ha una sua determinazione e una sua storia indipendente ma si determina e costituisce unicamente in virtù della osservazione. La fisica quantica, Perciò, non anticipa, in forza di legge determinatrice, lo stato futuro dell'oggetto, ma, considerando l'oggetto come determinato dall'osservazione e riflettente il carattere contingente del suo atto costitutivo, mira a stabilire il grado di probabilità proprio di ciascuno degli oggetti ottenibili, cioè dei risultati possibili di una certa osservazione. Ora la caratteristica di ogni considerazione di probabilità è che essa non implica in nessun modo un legame determinante oggettivo; essa è una maniera di trar partito dalla contingenza che nell'oggetto fisico è un riflesso dell'osservazione costitutiva e di fondare una previsione certa sulla stessa incertezza della previsione. Se difatti è incerto il risultato di una osservazione, è certo il grado di probabilità di ciascuno dei risultati possibili. Alla certezza immediata della previsione deterministica, che si riferisce all'oggetto fisico, si sostituisce la certezza riflessa, raggiunta attraverso l'organizzazione logica della conoscenza scientifica ed inerente alla graduazione comparativa di verisimiglianza degli oggetti (stati) realizzabili.
Tale graduazione comparativa delle probabilità non si fonda, come la previsione deterministica, sulla uniformità delle condizioni oggettive, che ripetendosi identicamente dànno origine agli stessi effetti; ma si fonda sull'unità della costituzione interna del sistema che attraverso l'osservazione si determina; unità per la quale la variazione degli stati resultanti oscilla entro i limiti definiti, che rendono possibile la graduazione stessa.

Dissoluzione dell'uniformità' naturale. Concetto e condizione dell'ordine

Con ciò un altro dei presupposti fondamentali della fisica classica apparisce infranto; la cosidetta uniformità della natura o delle sue leggi. Tale uniformità, postulata come fondamento dell'induzione e di ogni considerazione causale della natura, se interpretata oggettivisticamente, faceva pensare a un misterioso substratum di tutti i fenomeni; interpretata soggettivisticamente conduceva a porre nel soggetto conoscente un complesso di forme o di categorie immutabili, condizioni della uniformità fenomenica (cioè dell'ordine naturale). Ma la dissoluzione del determiniamo causale ha reso inutile il postulato dell'uniformità fenomenica, e, correlativamente, anche le forme o categorie della gnoseologia kantiana. L'ordine naturale non è altro, per la nuova scienza teoretica della natura, che la struttura sistematica di ogni conoscenza fisica, struttura dovuta, in ultima analisi, all'unità del principio trascendentale. Ogni conoscenza fisica è il costituirsi di una organizzazione polarizzantesi dualisticamente intorno al soggetto e all'oggetto: organizzazione nella quale la separazione dei poli è elemento essenziale dell'unità complessiva; la quale può quindi in infiniti modi atteggiarsi e articolarsi a seconda degli infiniti modi di quella polarizzazione.
Ciò implica l'impossibilità di un ordine fisso e definitivo che richieda un sostrato (nell'oggetto) o un quadro di categorie immutabili (nel soggetto) e cioè richieda l'irrigidimento ontologico dell'oggetto o del soggetto; e implica, invece, l'attuabilità di un numero illimitato di ordini, di organizzazioni sistematiche, diverse tra loro, per la diversa ma sempre correlativa costituzione di oggetto e soggetto.
Ciò che allora si richiede a giustificare un ordine di questo genere non si può fissare in un quadro, non si può ontologizzare in un qualunque termine, oggettivare o soggettivare in una qualunque realtà. Si richiede un principio, e precisamente un principio di unità: un'unità mobile viva, perfettamente fluida, inesauribile: l'unità del pensiero.

Da: N. Abbagnano, La fisica nuova. Fondamenti di una nuova teoria della scienza Guida, Napoli, 1934.